Immagina di poter vedere non solo da dove arrivano gli utenti, ma anche come si muovono sul tuo sito, cosa cercano davvero e quali azioni ripetono più spesso. È qui che entra in gioco l’approccio Audience AI applicato alla SEO. Un metodo che va oltre il classico “ottimizziamo per questa keyword” e inizia a ragionare su chi cerca cosa, e perché.
Il punto di partenza è sempre lo stesso: i dati. Google Analytics 4 e Search Console offrono un’enorme mole di informazioni, ma raramente vengono usate in modo strategico. GA4 in particolare, consente di tracciare eventi, percorsi di navigazione, ritorni sul sito e fonti di traffico. La Search Console aggiunge una dimensione preziosa : le query reali che portano gli utenti sul tuo sito.
Una volta esportati questi dati, ad esempio in BigQuery o in un foglio CSV, hai già la base per iniziare a “leggere” i comportamenti in modo più intelligente.
Qui inizia la parte interessante. Non tutti gli utenti che visitano una pagina atterrano lì con la stessa intenzione. Alcuni leggono, altri cercano un contatto, altri ancora confrontano prezzi o cercano un tutorial.
Segmentare gli utenti in cluster comportamentali vuol dire raggrupparli in base a caratteristiche concrete, tempo di permanenza, numero di pagine viste, eventi completati, profondità di navigazione.
Un esempio? Potresti scoprire che c’è un gruppo di utenti che legge contenuti legati a “come scegliere un prodotto”, ma non converte mai. O un altro gruppo che arriva da query informative, ma dopo due clic acquista.
Una volta definiti i gruppi comportamentali, puoi fare un passo in più: collegare le query di ricerca di partenza a questi cluster. Questo ti permette di capire quali intenti di ricerca portano a quali comportamenti sul sito.
È il punto in cui l’analisi dei dati si trasforma in strategia SEO: se scopri che le query legate al confronto tra soluzioni portano utenti che esplorano più a fondo il sito, puoi pensare di espandere proprio quella sezione.
Non tutte le audience valgono allo stesso modo. Alcune convertono meglio, altre hanno un tempo di permanenza più alto, altre ancora fanno da “ponte” verso altri contenuti strategici.
Con l’analisi dei cluster puoi prendere decisioni più informate: ottimizzare i contenuti esistenti, riscrivere quelli che non portano valore, creare nuove risorse per intercettare i comportamenti più promettenti.
Invece di rincorrere volumi di ricerca, inizi a progettare contenuti in base a dati reali e soprattutto in base a utenti reali.
Consiglio: prova diverse metriche (Euclidea, Coseno) e usa l’indice di silhouette (più alto = meglio) o Davies–Bouldin (più basso = meglio) per trovare il numero giusto di cluster.
Non basta segmentare: bisogna anche capire se quei cluster guidano risultati concreti. Ad esempio, potresti monitorare il tasso di conversione sulle pagine ottimizzate in base a un singolo cluster, oppure verificare se il bounce rate cala davvero per i visitatori che cercano informazioni approfondite. Anche il tempo medio di permanenza diventa un indicatore prezioso: se i cluster con maggiore potenziale passano più tempo sulle tue pagine, significa che stai offrendo contenuti su misura. Infine, tieni d’occhio le nuove query a coda lunga emerse da questo lavoro: ogni parola chiave scoperta è un’opportunità per creare nuove pagine o sezioni.
Immagina uno script Python che in poche righe:
Se gestisci un blog, potresti scoprire che chi legge approfondimenti tecnici è disposto a iscriversi a una newsletter premium. Con queste informazioni, ti basta inserire un piccolo box ben visibile all’interno degli articoli più popolari per trasformare semplici lettori in iscritti e dare una spinta reale alle tue conversioni.
In un e-commerce, invece, potresti individuare un cluster di “comparison shopper” che abbandona il sito proprio durante il confronto tra prodotti. Sapendo questo, puoi trasformare quelle pagine in mini-guide all’acquisto: aggiungi consigli pratici, tabelle di confronto chiare e call to action dirette, senza stravolgere il catalogo. Così offri il supporto che l’utente cerca e spingi le conversioni in modo mirato.
Questo metodo mette al centro non tanto il volume di ricerca, ma le persone reali e le loro azioni. Grazie all’automazione del flusso (estrazione, preprocessing, clustering) e a metriche chiare di successo (conversioni, bounce rate, tempo di permanenza), puoi trasformare dati complessi in scelte editoriali e di design realmente efficaci.
Applicando Audience AI alla SEO, passi da un’ottica puramente keyword-driven a una strategia user-centric, in cui ogni modifica al sito nasce da un’analisi dei comportamenti effettivi. In questo modo, crei contenuti più rilevanti, migliori l’esperienza utente e guadagni risultati tangibili, misurabili e duraturi.
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